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Questo è l’anno di Expo, lo so.
Il cibo e la nutrizione sono i temi fondamentali, lo so
Milano ospiterà tutti i paesi del mondo; sono attesi oltre 20 milioni di visitatori, lo sappiamo.
Ogni media ci ricorda questo evento: non possiamo dimenticarcelo.

Ma non ricordavo che la prima Esposizione Mondiale, così si chiamava, risalisse al 1851 a Londra , e che in Francia le Esposizioni ebbero una enorme importanza per lo sviluppo delle arti e della tecnologia.

 

A quella del 1856 c’era una intera sezione dedicata alle Belle Arti dove ebbero la possibilità di esporre pittori come Corot, Delacroix, Ingres e Millet, per poi arrivare forse ad uno dei momenti più alti nella storia dell’Esposizione Mondiale.

Nel 1889 a Parigi, per l’occasione, venne realizzata la Torre Eiffel, simbolo del progresso e della modernità, che gli organizzatori pensavano di dovere smantellare appena terminato l’Expo!!

 

Quindi si è passati dall‘arte, nelle origini dell’Esposizione, al cibo nell’Expo ormai prossimo.
Chissà se a questo nesso avrà pensato Paola Buzzini di Soup Opera nel suo progetto presso l’Expo Gate di Milano.
Cibo ed arte, chiacchere e tartarre, riflessioni e salse setacciate, colpi di mixer e colpi di  design, il tutto cucinato tra i fornelli all’ombra di Castello Sforzesco.

expo ricettepercaso food blogger

Soup Opera, Sorelle Passera,Calde Delizie

 

 

Altre cose che non sapevo:
Che gli amici virtuali si possono prima o poi incontrare anche di persona, e non sono poi così diversi da come te li immaginavi, forse anche meglio, ed è una sensazione ganzissima!!

E come si conviene ad ogni buona padrona di casa, o di cucina, Soup Opera non ci ha fatto tornare a mani vuote:
4 carciofi, freschi, verdi e teneri che mi hanno fatto compagnia in borsa da Milano a Firenze.
E mentre la pianura padana, e poi le gallerie dell’Appennino scorrevano veloci dal finestrino pensavo a come cucinarli il giorno dopo.

 

ricetta, carciofi, seppia, ceci, zuppetta

Seppie, ceci e carciofi

 

Ingredienti:
1 seppia da 800 gr
4 carciofi
200 gr di ceci
1 scalogno
1 spicchio d’aglio
concentrato di pomodoro

Procedimento:
Lessare i ceci in abbondante acqua con almeno due foglie di salvia.
In un tegame lasciare soffriggere delicatamente lo scalogno con del peperoncino e lo spicchio d’aglio in camicia.
Aggiungere la seppia tagliata a strisce il più possibile regolari.
Lasciare insaporire per alcuni minuti e poi  sfumare con una spruzzata di vino bianco.
Una volta evaporato il vino coprite con un coperchio, aggiungete dell’acqua calda dove avete fatto sciogliere un cucchiaio da minestra scarso di concentrato di pomodoro.
Lasciate cuocere la seppia per circa 40 minuti.
A metà cottura aggiungete i carciofi tagliati in quarti e regolate di sale.
Infine, a 10 minuti da fine cottura, aggiungete i ceci lessati e scolati.
Io ho aggiunta anche dell’acqua di cottura dei ceci perché volevo che la seppia risultasse bella umida.
Infine lasciate riposare per qualche minuto e servite con delle fette di pane croccante

 

 

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Ogni tanto ho degli attacchi famelici di libri, ne leggo almeno uno a settimana;
poi per  mesi non riesco neanche a finirne uno.

Questo quasi concluso è stato il mese dove ho ri-incontrato Marco Malvaldi, e i suoi gialli al Pineta.
Ma in questo turno di lettura ho scoperto lo scrittore pisano anche sotto un’altra veste, come abile e affascinante Cicerone che mi ha accompagnato prima a Barcellona e poi a Pisa.

malvaldi

In La Famiglia Tortilla ho preso un sacco di appunti sulla cucina spagnola, in particolare di Barcellona, tra tapas consigliate, paella da evitare e dissertazioni genealogiche su catalane di pesce e creme catalane!!
Ma c’è un passo del libro che mi ha conquistato e adesso ve lo racconto, anzi Malvaldi ve lo racconta:
“Quello che però noi umani facciamo spesso, col cibo, è pregustarlo.
Pregustarlo nella scelta del ristorante, nello scegliere dal menù, nel farsi spiegare dal cameriere come viene preparato un determinato alimento, nell’aspettare il piatto appena ordinato(…).
Una attesa che, se fatta sapientemente, amplifica e rende unico qualsiasi pasto, come è giusto che sia.
In attesa diceva Montale, è gioia più compita. “

 

Ho proseguito il mio pasto letterario con un’altro Marco Malvaldi, questa volta in veste di guida turistica, nella sua città, Pisa, che poi è anche la mia, e mi sono vergognata tanto.
Ha raccontato di monumenti, strade e chiese offuscate dalla  famigerata torre pendente, di cui anch’io ne ignoravo la presenza.
Scacco alla torre mi ha messo la voglia di visitare, libro in mano, la mia città e scoprire quello di cui non mi ero ancora accorta, come la cappella di Sant’ Agata.
Questo per non fare come mia nonna Enza che dopo 80 anni e passa vissuti a Pisa se si avvicinava un turista per chiederle un’ indicazione stradale diceva “Un sò der posto”.

 

 

E allora girata l’ultima pagina mi è venuta un’idea, una ricetta che un pisano come Malvaldi, consiglierebbe ad un amico che vuol scoprire la città anche a tavola: il bordatino
Se leggete su Google troverete “leggende” che ascrivono la minestra con farina di mais a Lucca o addirittura a Livorno.
Non lo so quale sia la sua origine, ma nonna Enza da Pisa me la faceva sempre da piccola, quindi per me è pisana, e questa è la sua ricetta.

 

bordatino, marco malvaldi, minestra pisana, cavolo nero, polenta

Ingredienti:
1 carota
1 cipolla
1 costa di sedano
200 gr di fagioli cannellini secchi
10 foglie di cavolo nero
100 gr di farina di mais
1 cucchiaio di doppio concentrato di pomodoro

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40 minuti

Sicuramente con questo post non riceverò mai una scorta di dadi dalle più note case produttrici ma il dado fatto in casa è tutta un’altra storia.

Alcuni giorni fa parlavo con un amico curioso di conoscere il variopinto ed eterogeneo mondo dei foodblogger.

Come ti sei avvicinata a questa passione, è nato prima l’interesse per il cibo o per la scrittura, che tipo di taglio hai deciso di dare al tuo blog ?
Ma quanti followers hai?…ma su quali social ? ma soprattutto la fatidica domanda
ma ci guadagni con questa attività?

Ecco, le domande sono state tante e le risposte spesso avevano bisogno di qualche minuto di riflessione, ma ad una non ho avuto esitazione:
Non ci guadagno assolutamente.
Ma questo non è neanche lo scopo per cui mi do scadenze, scrivo dopo cena con un occhio mezzo chiuso per il sonno, invito amici ogni weekend per far loro assaggiare i miei esperimenti culinari e spendo soldi per muovermi e stare dietro ad ogni aggeggio tecnologico che può facilitare il mio hobby.

E quindi no, non lo faccio certo per i soldi.

E questo però mi permette di essere libera, di scrivere ciò che voglio, o meglio ciò che ritengo sia  più giusto, almeno per me.

Sono certa ed è facile capirlo che molte altre mie “colleghe” hanno la stessa opinione a riguardo.

E vi assicuro che smettere di scrivere, fotografare e postare è quasi impossibile, dovrebbero inventare un rehab food !!!

E allora il dado non lo compro ma me lo faccio

Anzi lo fa la suocera!!

 

dado vegetale in casa

Ingredienti:
(per circa 4 vasetti da 250 gr)

250 gr di sedano
1 porro
2/3 carote
1 cipolla 
1 scalogno
1 spicchio d’aglio
un ciuffetto di prezzemolo e timo
2 di rosmarino
2foglie di alloro 
4 foglie di salvia
250 gr di sale grosso

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2 ore

Il palazzo Giuli Rosselmini Gualandi, meglio noto come Palazzo BLU,  si affaccia sull’ansa meridionale del fiume Arno a Pisa e ospita fino al  15 Febbraio la mostra dedicata all’artista livornese Amedeo Modigliani.
No, non è un ossimoro, Pisa rende omaggio forse al più grande artista che ha avuto i natali a Livorno, l’eterna rivale!

modigliani

Amedeo Modigliani et ses amis- Palazzo Blu

Il palazzo BLU è così chiamato dopo che il recente restauro ha portato alla luce l’intonaco del XVII secolo, quando il “color dell’aria” venne utilizzato per emulare i grandi palazzi di San Pietroburgo.

E questa suggestiva location, come ogni anno, ha dato prestigio ad un artista di fama internazionale.

La storia di Amedeo Modigliani è ammirata, letta e perscrutata attraverso il suo periodo parigino e ses amis.
Molte infatti delle opere presenti provengono dal centro Pompidou di Parigi da collezioni private e pubbliche.
I suoi amici e mentori francesi lo accompagnano anche in questo viaggio pisano:
è possibile infatti ammirare opere di Picasso, Chagall e Severini.

Amedeo Modigliani nei primi anni del 1900 arriva a Parigi, in particolare nel quartiere di Montmartre, celebre per aver ospitato gli ateliers di molti giovani artisti, richiamati dal fascino degli impressionisti.
Modigliani sceglie la butte, la parte più alta della città, dove c’è anche il Lapin Agile, una taverna che divenne un autentico polo d’attrazione per pittori, letterati e poeti.
Il pittore toscano, come del resto la gran parte degli artisti dell’epoca, si riunivano nei caffé, i bistrot e le osterie, per discutere delle arti e delle nuove idee artistiche emergenti.
Infatti un motto del XX secolo diceva: “Dimmi dove mangi e ti dirò come dipingi”.

Da buona toscana e amante delle arti penserete voi che Modì lo conoscessi a mena dito, invece vi sbagliate di grosso!!
Ahimè,  la mia conoscenza del pittore e scultore livornese si limitava soltanto alle opere maggiori, ma della sua vita, e soprattutto della sua esperienza parigina ero piuttosto a digiuno.
Ma adesso non posso non vedere quest’ uomo dalla salute cagionevole, magari dall’accento labronico, la sua giacca maremmana di velluto e il foulard al collo, aggirarsi per le strade parigine ed entrare in un bistrot, chiassoso, fumoso e odorante di vino.
E allora perché non immaginare anche che cosa mangiasse?

Le coq ou vin è sicuramente un piatto simbolo della cucina francese che una leggenda colloca addirittura al tempo di Giulio Cesare alla conquista della Gallia.
Un piatto della tradizione, dalla preparazione lenta, quasi da meditazione, dal gusto corposo e pieno come l’ottimo vino che lo deve cucinare.

coq au vin amedeo modigliani ricetta arte

Ingredienti:

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12 miniti

Per Ricette per Caso  ho scelto come titolo alla mia presentazione la frase che secondo me incarna l’essenza del cucinare:

“ Il cibo è allegria, amicizia e passione”.

E questi biscotti di Natale alle nocciole sono proprio come l’amicizia, lo zucchero e il burro come la lealtà e il confronto.

Non servono molti prodotti per fare questi biscotti croccanti, non serve misurare al grammo la farina e non è necessario avere le nocciole o lo zucchero di canna, anzi è possibile apportare delle varianti, come i pistacchi o il miele.

Ma sai che se andrai in cucina e rovisti in dispensa potrai sempre trovare gli ingredienti giusti per cucinarli.

E così è l’amicizia, sai con certezza che se hai bisogno di aiuto le amiche sapranno sempre trovare gli ingredienti giusti per darti una mano.

biscotti natale croccanti alle nocciole

Non servono molti elementi per realizzare una buona amicizia, non occorre misurare le parole, i sentimenti o i pensieri, si può anche stare lontani per mesi o anni, o fare un errore e loro saranno sempre li.

E questi biscotti di Natale sono per loro, il mio modo per dire “Io ci sono” , amiche con cui da circa 30 anni, dall’asilo ad oggi, ho condiviso gioie, arrabbiature, litigate, risate, insolazioni in spiaggia, Sapore di Mare 1 e 2, la patente, le sbronze, cene, colazioni e pranzi, scuola, esami, maternità e non maternità, yoga, silenzi e concerti, insomma tutto.

Quindi per questo Natale ho già svelato alle mie amiche il regalo che riceveranno, dei biscotti croccanti alle nocciole, ma come dicevo prima, ottimi con qualsiasi altra frutta secca, perché non esiste Natale senza noci, pistacchi o mandorle, così come non esiste persona senza un’amico.

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